Don Fabio Attard, responsabile mondiale della Pastorale Giovanile Salesiana, è giunto a Verona ospite della Fondazione Edulife. Una visita con un obiettivo preciso: mettere a punto un modello italiano di innovazione «che ponga al centro la persona, con la sua domanda umana, che attende una risposta umana», come ha sintetizzato lo stesso don Attard, accompagnato nel suo soggiorno scaligero dal presidente di Edulife, Antonello Vedovato.

«Le contraddizioni della società globalizzata – poter disporre di tutto e contemporaneamente dimostrare un’estrema “povertà”, la solitudine dei singoli che fa da contraltare a un’informazione sempre più veloce -, insieme alla mercificazione del sapere, stanno facendo dei giovani dell’Occidente individui spersonalizzati».

Don Fabio Attard è un’autentica personalità all’interno del mondo Salesiano: 57 anni, nativo di Malta, di formazione anglofona (ha studiato in Irlanda e in Italia), ha condotto la sua missione pastorale in Tunisia prima di diventare titolare per 7 anni della cattedra di Teologia morale all’Università Pontificia Salesiana di Roma. Oggi siede nel Consiglio generale della Congregazione con responsabilità sulle 86 “ispettorie” (operative in 132 Paesi del mondo) della Pastorale giovanile, ruolo di primaria importanza per un ordine, come quello Salesiano, fortemente votato ai temi educativi e formativi.

«Da una decina di anni seguo con grande interesse l’attività di Edulife, che con il suo “ciclo del valore” ha messo a punto un modello per tutte le nostre strutture educative, comprese quelle in campo universitario. Oggi la scommessa è realizzare modelli di esperienza comunitaria e solidale, dove possa essere enfatizzata la centralità della persona, pur nel contesto di una società fortemente tecnologica. In questo senso, la multidisciplinarietà e la cultura dell’attenzione possono rappresentare degli strumenti efficaci. La realtà veronese di Edulife è stata in grado di individuare percorsi formativi incentrati proprio su questo modello».

Il messaggio originario di Don Bosco – il processo educativo si compie laddove la persona vede germinare le proprie capacità – dimostra così tutta la sua attualità.

«Il pericolo di oggi – ha concluso don Attard – è di attribuire alla tecnologia un valore universale, togliendo così il primato alla persona, in una logica di omologazione e di ricerca del mero profitto. Da qui la necessità di interpretare la tecnologia sì come una grande opportunità, ma all’interno di una visione integrale della persona».